Cristiani per la montagna

Nella vicina Carnia, ieri si è tenuta un'assemblea convocata dall'Arcivescovo mons. Pietro Brollo. la riporto per intero perché è ricca di spunti di riflessione anche per noi.
Ad aprile ci sarà l'assemblea delle Regola; a giugno ci saranno nuove elezioni politiche: due momenti in cui sarebbe interessante chiedersi e chiedere come i giovani e le giovani famiglie pensano al futuro e che tipo di investimento fare per evitare un ulteriore esodo lavorativo verso il fondovalle.
Alla nuova Amministrazione comunale che uscirà eletta dalle urne toccherà risolvere alcuni problemi che saranno cruciali per la sorte futura del paese: "Quale sarà il futuro delle scuole elementari e della scuola per l'infanzia? Quale sviluppo economico e quanti posti di lavoro saranno ancora possibili a Danta? Quali incentivi per i giovani perché restino a lavorare ed abitare in paese? Cosa proporre realisticmente alla politica provinciale e regionale per evitare di essere "tagliati" e dunque rassegnarci a diventare un paese dormitorio del fine settimana e delle vancaze? Cosa dover cambiare per poter restare?».
Anche la comunità cristiana deve riflettere seriamente sui problemi che l'attualità sta ponendo perché alla soluzione che verrà data a quei problemi è legata la sua stessa sorte.
Il Parroco
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Assemblea dei Cristiani per la Montagna
Prolusione

Con profondo desiderio di ringraziare prima di tutto il Signore che ci convoca oggi qui a Pontebba per rendere più viva e salda la nostra speranza, con vivo senso di gratitudine verso tutti coloro che hanno animato questa intrapresa di fede e di amore per la propria terra, saluto tutti voi, fratelli e sorelle carissimi.
In primis saluto voi, carissimi sacerdoti, che vi siete sentiti ancora una volta immedesimati con i problemi della nostra gente e vi siete attivati con essa per scrutare sentieri percorribili di speranza e quindi di gioia di vivere in questa terra affascinante nella sua bellezza e nella sua rudezza.
Saluto anche tutte le autorità qui convenute personalmente o con messaggi di sincera adesione.
Un particolare saluto al sig. Sindaco di Pontebba che ci accoglie in questo suo bel paese che riassume in sé in modo eclatante i segni pesanti di una crisi di sopravvivenza.
Saluto il Presidente della Provincia di Udine che non ha voluto mancare a questo appuntamento e anche la rappresentanza del bellunese, che ha desiderato scrutare il nostro cammino che, come per loro, percorre un sentiero decisamente ostico e in salita, proprio della comune montagna.
Un mandi di cûr a ducj vualtris che i seis vignûts par condividi insieme l´amôr pa´ nestre tiere e par judâle a vivi cun plui gjonde.
A questo punto sento profonda l’esigenza di esprimere da questa assemblea un sentimento di fraterna solidarietà verso tutti i fratelli e sorelle che nella nostra diocesi stanno soffrendo per le pesanti conseguenze dell’attuale crisi economica, come nel manzanese, alla Caffaro, alla Saffilo ed ad altre realtà produttive. Un saluto cordiale anche alle altre zone della montagna quali le Valli del Natisone, dell’alta Val Torre e della forania di Nimis, con cui confidiamo di poter concludere il nostro cammino assieme.
Perché vivere da cristiani in montagna?
Quale deve essere lo specifico del cristiano?
Proprio perché non ci sono soluzioni tecniche che possono automaticamente risolvere il problema, se a noi manca un’anima.
Il futuro della nostra montagna, dei nostri paesi, della nostra economia, e via dicendo, dipende forse soltanto dalle nostre scelte politiche, economiche, materiali? No. I migliori progetti non garantirebbero prospettive di certo sviluppo e di abbondante fortuna quando l’anima di un popolo si corrompesse e perdesse la grazia della fede. Le più ardue difficoltà e congiunture storiche, invece, non potranno spegnere l’entusiasmo e l’avvenire di un popolo che sa perennemente convertirsi e ringiovanirsi alla fonte del Vangelo di Gesù Cristo, Signore della Risurrezione.
Si tratta infatti non di sopportare (che vorrebbe dire subire) la vita vissuta quassù, ma di accoglierla dentro di noi come una risposta ad una vocazione che ci offre questa terra, questa cultura, queste opportunità per realizzare la nostra missione di uomini.
All’interno di un “sì” detto in modo aperto e schietto si aprono allora prospettive e dinamiche virtuose, capaci di rendere positivamente significativa la nostra vita.
Siamo qui insieme, perché certi che il “di besôi” non paga, essendo convinti che la solidarietà è la strada maestra per la soluzione dei problemi.
C’è bisogno da parte di tutti noi di sentirci costruttori del “bene comune”.
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, rifacendosi all´insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II, specifica che "il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro" (Cost. Gaudium et spes, 164).
L´amato Papa Giovanni Paolo II osservava, in proposito, nell´Enciclica Sollicitudo rei socialis, che "si tratta dell´interdipendenza, sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa, e assunta come categoria morale" (n. 38). Ed aggiungeva: "Quando l´interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta, come atteggiamento morale e sociale, come ´virtù´, è la solidarietà. Questa, dunque, non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti" (ibid.).
Pur essendo partita dalla sensibilità dei sacerdoti del territorio, questa nostra iniziativa non poteva non richiedere e sollecitare l’apporto dei fedeli laici così come ci ha ricordato Papa Benedetto XV nell´Enciclica “Deus caritas est”, affermando che "la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all´ambito della ragione auto responsabile" (n. 29). Risulta quindi evidente che "in questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo" (ibid.).
E’ doveroso quindi ribadire che operare per la soluzione dei problemi propri della società è immediatamente compito specifico dei fedeli laici. Come cittadini tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonoma responsabilità.
Accogliamo quindi l´invito che ci fu rivolto nel Convegno Ecclesiale di Verona, perché si sappia cogliere con consapevolezza la grande opportunità che offrono queste sfide e si reagisca non con un rinunciatario ripiegamento su se stessi, ma, al contrario, con un rinnovato dinamismo, aprendosi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale della nostra montagna.
La Chiesa, dunque, se da una parte riconosce di non essere un agente politico, dall´altra non può esimersi dell´interessarsi del bene dell´intera comunità civile, in cui vive ed opera, e ad essa offre il suo peculiare contributo desiderando formare nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino spirito di verità e di onestà, volto alla ricerca del bene comune e non del profitto personale, non dimenticando mai quanto ci ripete il Vangelo quando ci raccomanda: “Quaerite autem primum regnum et iustitiam eius et omnia haec adicientur vobis (Mt 6, 33) Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Affidando ai cristiani di queste vallate il mandato di investire il loro patrimonio di esperienze ed ogni possibile risorsa per mettere a punto possibili ed efficaci strategie di sviluppo per i paesi splendidi e sofferenti in cui la Provvidenza li ha collocati, invito proprio loro – i credenti – a farsi apostoli del Signore Gesù, che sui monti, storicamente considerati come frontiere tra popoli e Imperi, domanda a noi tutti, oggi, di saper annunciare il Vangelo e ringiovanire il volto della Chiesa in una pastorale appunto di frontiera, capace della finezza di chi sa coniugare la nobiltà della tradizione con l’audacia della novità, le radici locali con l’apertura al mondo, la gioia del vivere con la trasmissione della vita.
Pontebba, 29 marzo 2009

+ Pietro Brollo