Per pensare alla nostra fede


Ancora oggi in tante parti del mondo ci sono uomini e donne cristiane che vivono la loro fede gloriandosi del nome cristiano. Sono esempi di fortezza e di coerenza che nelle nostre parrocchie non si notano quasi più. Non servono più analisi delle cause della secolarizzazione. La loro testimonianza di fede nel Risorto e il granjde senso di appartebebza alla Chiesa ci stimolano nella riflessione sulla qualità della nostra fede.

Oggi serve una nuova generazione di cristiani meno inclini alla "mentalità del secolo", meno pigri nell'approfondire la conoscenza del patrimonio della fede; più disponibili ad accogliere nelle pieghe più recondite della coscienza gli insegnamenti di Gesù; meno tiepidi nei confronti della Chiesa.


LA FEDE NEGATA (da "Avvenire" di domenica 12 ottobre 2008)

Sako: «Inammissibile il silenzio del mondo sui cristiani dell’Iraq» L’arcivescovo di Kirkuk accusa: dopo Baghdad anche a Mosul ora è in atto una pulizia etnica

DI CAMILLE EID


«La nostra assoluta lealtà va all’Iraq. Se noi non fossimo attenti alle buo­ne relazioni con i nostri fratelli mu­sulmani, probabilmente avremmo subìto, qui a Kirkuk, la stessa sorte dei cristiani di Baghdad e Mosul». Dalle parole dell’arcivescovo caldeo della città settentrionale trabocca tutto il dolore per quanto succede nel suo Paese. «Leggevo in questi giorni – di­ce monsignor Louis Sako – dei mas­sacri subiti durante la Prima Guerra mondiale da armeni e assiro-caldei, di come gli assassini violavano le ca­se private per uccidere persone iner­mi. Mi sembrava di leggere le crona­che odierne. È inammissibile questo silenzio mondiale dinanzi a una tra­gedia che va avanti da cinque anni».

Eccellenza, si può parlare di pulizia etnica nel Nord? A Mosul è in atto una pulizia etnica simile a quella già avvenuta a Bagh­dad a suon di sequestri e uccisioni. In una settimana abbiamo contato do­dici vittime cristiane. Questa campa­gna di intimidazione potrebbe avere motivazioni confessionali come o­pera di estremisti, ma potrebbe an­che essere una spudorata azione po­liticizzata per raggiungere certi o­biettivi, quali l’emarginazione dei cri­stiani, o almeno costringerli a lascia­re la città. Per andare all’estero o per chiuderli in un ghetto cristiano? Se dietro gli attentati ci sono gli e­stremisti islamici, l’obiettivo non può che essere l’esodo dei cristiani verso altri Paesi. Ma ci sono probabilmen­te anche piani che vedrebbero una spartizione dell’Iraq. Ecco perché è importante per noi gridare la nostra assoluta lealtà all’Iraq. Non siamo stranieri in questa terra. Abbiamo sempre vissuto insieme a curdi, sun­niti, sciiti e turkmeni e non vedo per­ché dobbiamo accontentarci di vive­re in un ghetto.

È vero che le chiese rimarranno chiuse a Mosul? Su questo argomento c’è stata una gran confusione sulla stampa. Le chiese domani (oggi, ndr) non sa­ranno affatto chiuse. Rimane tutta­via chiaro, data la pericolosa situa­zione, che non tutti i fedeli saranno in grado di uscire di casa. Molti cri­stiani non vanno più al lavoro o a scuola. Alcuni impiegati ufficiali di Mosul mi hanno appena riferito che il loro capo gli ha chiesto di non re­carsi al lavoro perché teme per la lo­ro incolumità. Perché non c’è stata esplicita con­danna degli assassini alla preghiera del venerdì? C’è purtroppo una sorta di oscura­mento mediatico. Gli imam hanno il dovere di condannare quanto acca­de a Mosul. In fin dei conti, questi as­sassini danneggiano anche l’imma­gine dell’islam, specie in una città che rappresenta la culla della conviven­za islamo-cristiana in Iraq. Ma, per essere sinceri, anche noi pastori cri­stiani abbiamo le nostre mancanze. Non vedo ancora un discorso eccle­siale chiaro e unito.

In che cosa deve consistere questo discorso unito? Deve dare voce forte ai cristiani, pro­teggerli dal punto di vista pastorale e permettere loro di esprimersi riguar­do le tematiche nazionali. Molti ci ac­cusano di fare il gioco di una parte contro un’altra. Questo non è vero, ma è compito della Chiesa dirlo for­te, gridare che siamo a favore di tut­to l’Iraq e solo dell’Iraq.

Ci sono state proteste cristiane nei giorni scorsi contro la legge eletto­rale. Porteranno a una revisione? Sì, ci sono tentativi per reintrodurre l’articolo 50 che prevede una quota per le minoranze. Spero che insieme alle varie pressioni da parte dell’Onu e della Ue sul nostro governo possa­no portare a un risultato positivo. Il pretesto addotto era l’assenza di un censimento dei cristiani… Questo vale per tutti. Non è mai sta­to condotto un censimento su base confessionale o etnica in Iraq. Si è sempre trattato di stime che spesso vengono deliberatamente gonfiate per dare maggior peso a un gruppo piuttosto che a un altro.

Chi potrà ac­certare che gli sciiti sono il 61 per cen­to o che gli arabi sunniti sono il 20 per cento? Nessuno. Riguardo i cristiani, le cifre più attendibili parlano di 650­700mila fedeli prima della guerra, contro 350-400mila oggi. Ossia 300mila partenze in pochi an­ni.

Ma è vero che la Chiesa caldea ha chiesto ad alcuni Paesi di preparare un piano di accoglienza dei profu­ghi cristiani? Questo no. Io ho partecipato a una delegazione di vescovi in Germania dove vive una folta comunità caldea. Abbiamo chiesto al governo di favo­rire l’integrazione dei profughi cri­stiani nel mondo del lavoro e di age­volare il ricongiungimento dei geni­tori rimasti soli qui. Penso che, con il ritorno alla normalità, molti di que­sti profughi faranno ritorno, come hanno fatto i curdi. «Non siamo stranieri qui e non vedo perché dovremmo ridurci a vivere in un ghetto»


I MARTIRI CRISTIAN IN IRAQ NEL 2007

(DA ASIA NEWS)

Una giovane segretaria di una clinica medica di Mosul viene uccisa mentre il 9 gennaio sta rientrando nella città di Bartella.

Un cristiano della parrocchia di San Paolo di Mosul è stato assassinato il 10 gennaio sulla porta di casa mentre resisteva al tentativo di essere rapito.

Isaac Esho Alhelani, 64 anni, cristiano assiro, ex vice-direttore dell’Iraqi Airways, viene massacrato a colpi di pistola da estremisti islamici l’8 febbraio a Mekanik, nei pressi di Baghdad, mentre viaggia in auto con la moglie.

Fawzeiyah e Margaret Naoum, due anziane sorelle cristiane caldee di Kirkuk, vengono uccise da sconosciuti il 26 marzo nella loro casa: nell’abitazione non ci sono segni di furto.

Padre Ragheed Ganni, sacerdote caldeo di Mosul, 32 anni, viene assassinato all’uscita della chiesa del Santo Spirito dopo aver celebrato la Messa.

Basman Yousef Daoud, Ghasan Bidawid e Wahid Hanna, tutti e tre diaconi caldei, vengono ammazzati insieme a padre Ganni. Erano la sua scorta personale dato il grave peggioramento della sicurezza a Mosul a causa dei terroristi islamici in azione contro la minoranza cristiana.

Due cristiani vengono assassinati il 19 giugno nel quartiere Nour di Mosul.

Zuhair Youssef Astavo Kermles, 49 anni, e Luay Solomon Numan, 21, cristiani di Mosul, vengono eliminati in un agguato terroristico il 27 giugno. Entrambi erano membri dell’organizzazione Nation Union of Bet-Nahrin.

Samir Estephan Mikha Duda, cristiano assiro di Baghdad, viene ucciso da sconosciuti armati il 3 ottobre.

Franso Ishak, cristiano assiro di Baghdad, è assassinato il 7 ottobre nella capitale.

Bassam Yousif Elias, cristiano di Mosul, viene ucciso dopo la liturgia domenicale del 7 ottobre, cui aveva assistito nella chiesa di al-Tahira.

Maro Awanis, 48 anni, madre di 3 figlie, appartenente alla chiesa armena, viene uccisa il 9 ottobre a Baghdad in un agguato condotto da uomini con il volto coperto.

Geneva Jalal, 30 anni, cristiana armena, è assassinata a Baghdad il 9 ottobre.

Una coppia di cattolici iracheni di Mosul viene uccisa il 23 ottobre dopo aver ospitato in casa propria un incontro di preghiera.
Ventisette cristiani sono stati eliminati nei mesi di settembre e ottobre nelle città di Mosul e Kirkuk: lo riferisce Lucas Barini, portavoce della Christian Peace Association (CPA), secondo quanto riporta l’Ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari (IRIN)