Buon Natale


Carissimi, siamo già giunti a Natale. Questa festa arriva così velocemente che diventa come il "termometro" della nostra vita: sempre di corsa... tutto scorre veloce...

Tempo di bilanci. Anche l'anno 2010 si sta concludendo imponendoci un bilancio di quanto fatto. Ci lasciamo alle spalle tante vicende che hanno contrassegnato la vita delle nostre famiglie, la vita del paese, l'esistenza di ciascuno di noi.
Passando in rassegna la cronaca di quest'anno troviamo tante ferite che si sono accumulate nel dispiegarsi dei suoi giorni. Tante di esse lasciano amarezza, sconcerto, disorientamento anche dentro la vita della Chiesa. Nel corso del 2010 la Chiesa ha dovuto sopportare con durezza molti eventi che le hanno tolto credibilità e che hanno allontanato molte persone, soprattuto i più giovani. Ad essi mi rivolgo perché anzitutto vincano il torpore dell'indifferenza religiosa, sappiano vincere anche antichi pregiudizi che da sempre accompagnano il cristianesimo, possano riscoprire con il tempo che quanto la Chiesa testimonia - l'insegnamento di Gesù - merita di essere accolto, ascoltato, scelto per uno stile di vita onesto, buono e che conduce a vera libertà. Il tempo di Natale è un tempo propizio per riscoprire il valore di quanto appreso nell'infanzia e nell'adolescenza per ricollocarlo nell'ambito di nuove esperienze di vita: lo studio, il lavoro, il tempo libero, la vita affettiva.

Tempo di auguri. Questo tempo di Natale è anche tempo di auguri: si rinnova la speranza in ciascuno di noi che il nuovo anno, sia foriero di tanto bene. In questi giorni, stirngendoci la mano, compieremo un gesto che non deve mai essere scontato: un gesto impegnativo che significa condivisione, rispetto, accoglienza. Quasi un mettersi gli uni nelle mani degli altri. Anche Dio si è messo nelle nostre mani: da bambino si è lasciato cullare dalle mani di un giovane padre e di una giovane madre titubanti; si è fatto "pane" per lasciarsi portare dalle nostre mani, non sempre pulite, non sempre adeguate... ma scommettendo sulla nostra capacità di conversione, di cambiamento di vita in forza dell'amore.

Le tradizioni del Natale. In molte delle nostre case abbiamo realizzato il Presepe. Ringrazio di vero cuore quanti lo hanno costruito in Chiesa: la posizione attuale ci aiuta a meditare con maggior centralità il mistero della Natività.
Costruire il Presepe fa pate di una tradizione. La parola tradizione deriva dal verbo latino "tradere", cioè tramandare, trapassare. Il presepe è tradizionale perché con l'arte si ricorda la nascita di Gesù a Betlemme, l'inizio della vita di Gesù dalla quale scaturisce la nostra fede.
Chi lo fa è convinto del messaggio di fede che esso porta; realizzandolo si può fare un'esperienza di conforto: deponendo le statuine ricostruiamo una scena antica che ci ripete: Dio è con noi! Anche l'albero di Natale con le sue luci e le sue decorazioni caratteristiche ci richiama l'albero della vita: l'abete. L'abete è l'albero che d'inverno, quando la natura fa l'esperienza della morte, rimane verde. Per noi credenti è evidente che esso ci rinvia all'altro grade albero della vita che è la Croce di Cristo. Per quanti si riconoscono nel linguaggio simbolico che questi "segni" trasmettono, anche il Presepe diventa un forte richiamo per i cristiani ad essere servitori di fraternità, di accoglienza nella giustizia e nella pace.

Il messaggio di Gesù bambino. La statuina benedetta di Gesù bambino, deposta nei presepi della nostre case, ogni anno rinnova un messaggio: ci ricorda che Dio si è fatto "carne", si è fato uno di noi per "farci come lui". Se ci pensiamo bene è ancora un fatto sconcertante che commuove e scuote il nostro animo.
I canti della tradizione del Natale che ci parlano della nascita di Gesù, sono canti ricchi di poesia. Tuttavia sono anche "provocatori": quelle antiche melodie mentre ci ricordano la nascita del figlio di Dio in uno stato di povertà e di miseria, fanno balzare ai nostri occhi anche le situazioni che oggi attendono giustizia, ascolto, accoglienza, carità, misericordia, perdono. Valori ispiratori di scelte concrete che non debbono essere derogabili: vanno di pari passo con il valore della vita e della dignità della persona.
L'arte ha raffigurato in tanti modi la natività secondo i gusti delle correnti culturali che si sono susseguite nel corso del tempo. Anche la tradizione popolare ha collocato la Natività in situazioni di vita concrete. Sta alla nostra sensibilità collocare il Presepe nel paesaggio del nostro tempo con le sue potenzialità, le sue difficoltà. Il volto del Bambino Gesù, come tutti i volti di bambino, trasmette serenità. Sappiamo però che i volti dei bambini e i loro sguardi sono unici nel trasmettere con forza anche i sentimenti negativi per le situazioni che vivono. Ammirando il volto di Gesù bambino cerchiamo di scorgere anche il volto di tutte quelle persone che - come Lui - sono rifiutate, tradite nelle loro aspettative di vita, sofferenti per l'egoismo che - da Erode a noi - dilaga nei cuori. L'egoismo è il vero male mortale della nostra società ed essendo tutti abbastanza benestanti, non ci accorgiamo più di quando questa malattia si fa più grave. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: chiusura di fronte ai problemi, paura, senso di insicurezza. Le conseguenze poi si allargano a macchia d'olio: dai singoli alle famiglie, alla vita sociale fin dentro le istituzioni che dovrebbero garantire democrazia e dunque tutela dei più deboli. Forme nuove di paganesimo ci stanno affascinando; rischiamo tutti di essere resi impermeabili da una cultura cinica e superficiale in cui la violenza sui deboli è ridotta a show televisivo per addormentare le nostre coscienze nei confronti del male. Tutto spettacolarizzato, come se la vita fosse un palcoscenico per soli vip. Tutto banalizzato: compresi i drammi, la realtà della morte, la sofferenza. Tutto ridimensionato: il bene in modo particolare. Se anche noi cristiani ci lasciamo contagiare, la società intera perderà la sua anima più viva e feconda.
Il presepio non è solo poesia: è anche dramma dove "luce e tenebre" si scontrano in un "duello mortale". Il presepe è metafora della vita concreta dove ogni giorno siamo chiamati a schierarci da una parte o dall'altra. Chi vincerà questa grande battaglia? Le mani alzate, innocenti e candide di Gesù bambino, che solitamente si protraggono verso chi lo ammira, ci rammentano le parole del Salmo 24 che dice: "Chi salirà il monte del Signore? Chi ha mani innocenti e cuore puro". Anche le braccia del Crocifisso - le stesse del bambino - sono lì protese per ricordarci che la luce è nel cuore di chi non ha mai usato violenza di alcun genere, di chi non si è insudiciato con la menzogna e i sotterfugi. Vincerà le tenebre chi non ha mai trafficato con l'illegalità, chi non ha mai contrabbandato il male con le opere di bene, chi ha preferito il silenzio operoso della carità, la rettitudine di vita e l'onestà delle intenzioni, la mitezza e la prudenza anziché la prevaricazione.
Buon Natale!
Il vostro parroco.