Ricordando il 16 luglio 2007

Benedetto XVI sull’erba verde di Danta.
Festoso l’incontro con la gente.
A don Angelo: «Sei fortunato a vivere qui»
Danta di Cadore, 16 luglio 2007


(dall'Amico del Popolo del 18 luglio 2007)







Quando Barbara Doriguzzi ha alzato gli occhi e si è trovata difronte al Papa, lipperlì ha creduto di sognare. Era andata con la figlioletta Michel a raccogliere mirtilli verso il sentiero delle “Spole”, perché quel lunedì 16 luglio la sua bottega di alimentari era chiusa. È vero che aveva notato un piccolo convoglio di automobili che percorreva lentamente il sentiero e dentro di sé s’era irritata sapendo bene che il traffico di autoveicoli è vietatissimo e quelli invece, pensava, stavano facendo allegramente i loro comodi addirittura scortati da due strani motociclisti.
Ma poi s’era rassegnata riprendendo china la ricerca. Ma ora aveva davanti la figura bianca del Papa e più in là altre persone, anche due donne forse due suore, con le quali Benedetto XVI aveva recitato il rosario nella cappellina della Madonna dei Miracoli, una semplice capanna affogata nel bosco dove i turisti ogni tanto si fermano a deporre un fiore e per una foto. I raggi del sole colavano in tralice attraverso i larici dritti e altissimi creando un gioco suggestivo di luci e ombre di una scena surreale come quella di un quadro rinascimentale. «Come ti chiami?» Dice il Papa facendo una carezza a Michel che prima china il capo e poi, con stupefacente spontaneità, offre al Pontefice la sua raccolta di mirtilli. «Grazie! Preferisco che tu faccia la marmellata».
Eppoi rivolto alla mamma che sbalordita tiene per mano la bambina: «Non avrebbe mai immaginato di trovare il Papa, nevvero?» e tira fuori da una tasca un cofanetto col rosario e glielo regala. Ma Barbara Doriguzzi è senza parole, è come svuotata di ogni iniziativa sia intellettuale che manuale. Si limita a baciare l’anello papale e quell’eccezionale spicchio di vita quotidiana finisce lì, all’improvviso, come quando va via la luce. A lei non viene neanche in mente che ha con sé il cellulare e potrebbe scattare almeno un paio di foto. Il Papa s’incammina stringendo fra le mani un rosario seguito a distanza dagli altri, sale sulla sua automobile e tutti ripartono stavolta diretti alla chiesetta di Santa Barbara da dove si domina Danta e si gode l’imponente e unico scenario dolomitico verso ogni punto cardinale. Un gruppetto di dantini e qualche occasionale turista di passaggio intanto avvista il movimento delle automobili nere che si fermano ai piedi della collina di Santa Barbara: «È il Papa!» Azzarda qualcuno. «Macché Papa e non Papa!» Ribatte scettico un altro. Dal Comune mettono in allarme Valentino, la guardia municipale, affinché vada di corsa alle “Spole” che ci sono dei turisti di molto indisciplinati. Valentino esegue ma s’imbatte nei due strani motociclisti e la sua missione è esaurita. Il Papa s’arrampica sul viottolo che porta a Santa Barbara e qui è accolto senza protocolli e discorsi paludati dai fortunati dantini che lo avevano visto pochi istanti prima. «Ma qui non vedo le mucche, dove sono?» Chiede al primo che incontra. E quello, usando familiarmente il tu: «Anche a casa tua non ci sono più le mucche», risponde facendo ridere allegramente il Pontefice. Eppoi i soliti saluti emozionati, le preghiere corali e intense, gli sforzi di quelli del seguito per frenare alla meglio gli slanci dei più entusiasti di tanta presenza. È don Angelo Balcon, il parroco di Danta, che fa gli onori di casa, che insieme a Padre Georg, il segretario, prega e illustra il paesaggio, cita i nomi delle montagne che si stagliano colorate di rosa contro il cielo dove il sole è al tramonto. «Sono estasiato da tanta bellezza» esclama il Papa e aggiunge, rivolto a don Angelo: «Tu sei un uomo fortunato a vivere qui».
Fausto Pettinelli